OTRANTO
CATTEDRALE
Terminata
e aperta al culto nel 1088, è la più grande (lunghezza m. 54, larghezza m. 25)
tra tutte le chiese di Puglia. La facciata mostra con chiarezza l'impronta del
romanico pugliese. È da ammirarsi il rosone rinascimentale, di forma circolare
con transenne convergenti al centro, secondo i canoni dell'arte gotico-araba,
presente in Puglia specialmente in età aragonese. Il portale è una
sovrastruttura barocca della seconda metà del XVII. L'interno, in tre navate, è
di una severa e solenne gravità impressionante. Le colonne, di granito levigato,
sono 14, di cui due monolitiche. Tra i meravigliosi capitelli, due sono in
ordine ionico con base attica. Il soffitto della navata centrale, a cassettoni
in legno dorato, della fine del Seicento, mentre il paliotto dell'altare
maggiore, in argento, è opera di oreficeria napoletana del '700. Tracce
bizantine sono evidenti in alcuni affreschi parietali,
sparsi
qua e là all'interno del tempio e nella cripta. Di incomparabile valore è il
mosaico pavimentale, eseguito tra il 1163 e il 1166 da un monaco dell'abbazia di
S. Nicola di Casole (un cenobio basiliano, a circa 3 Km da Otranto, ormai
ridotto in ruderi). Quest'opera d'arte, unica nel Mezzogiorno, resistette
insieme alla cattedrale, alla valanga dell'invasione turca. È in tessere
policrome, di calcare locale durissimo. L'ispirazione stilistica è romanica, con
contaminazioni bizantine; quella tematica risale a fonti bibliche e, nelle
figurazioni simboliche attinge a riecheggiamenti del ciclo mitologico
alessandrino,
carolingio
e bretone. I tre alberi allegorici delle navate sono una fantastica "proiezione"
della storia umana. Nella cappella racchiusa nell'abside della navata destra si
conservano, in sette grandi armadi le reliquie dei Martiri di Otranto. Si tratta
dei resti mortali di ottocento e più cittadini, sgozzati dai Turchi sul Colle di
Minerva (alla periferia a sud-est della città), il 14 agosto 1480, per non aver
voluto rinnegare la fede cristiana. Per quell'evento glorioso Otranto è chiamata
anche la "Città-martire". Un altro ambiente di grande valore storico e
artistico, sempre all'interno della cattedrale, è quello della cripta. È del
secolo XI e si avvicina alla classica forma semianulare, con tre absidi
sporgenti e cinque navate. I meravigliosi capitelli richiamano ascendenze
diverse, dal dorico-romanico, al corinzio, allo ionico, e sono ascrivibili
all'opera di lapidici attivi in Otranto nel IX secolo.
CHIESA BIZANTINA DI SAN PIETRO
È
nel cuore della città vecchia. È uno dei pochi monumenti del genere tuttora
esistenti in Italia. Fu officiata dal clero greco, che pacificamente convisse
per molti secoli con quello latino di Otranto. L'ingresso doveva essere
originariamente preceduto da un protiro: lo indicano le due colonnine doriche,
che richiamano quelle, di molto posteriori dell'altra chiesa bizantina di S.
Stefano a Soleto (a 25 Km da Otranto, nell'interno della penisola Salentina). Il
corpo della basilica, a croce greca, è diviso in tre piccole navate, sostenute
da otto colonn
e:
quattro, al centro, reggono una cupola senza tamburo e con finestre aperte nella
parte inferiore, arieggiante al mausoleo ravennate di Teodorico; le altre
quattro sono incastonate per metà nelle pareti. I capitelli, di fattura molto
semplice, sono formati da un cono capovolto. Le tre absidi sono parallele e
sporgenti in forma semicircolare. Immancabili le pitture bizantine, ben visibili
specialmente nella navata sinistra.
IL CASTELLO ARAGONESE
L'attuale
castello (o cittadella), con le torri, i bastioni e le mura, è opera degli
Aragonesi di Napoli, posteriori alla riconquista di Otranto da mano dei Turchi
(1481). L'architetto fu Ciro Ciri, ingegnere militare alla corte di Urbino, con
la consulenza di Francesco di Giorgio Martini. Ad età di vice-regnale, sotto il
Toledo (1535), si deve un ulteriore rifacimento del castello e dei bastioni.
Interessanti la torre Alfonsina, la Duchessa e la Ippolita, nonché il bastione
detto "il Fortino". L'intero sistema difensivo di Otranto fu in gran parte
manomesso dalle truppe napoleoniche (inizi dell'800).
IL BORGO ANTICO
Nonostante
la forte espansione edilizia, il centro storico della città, di una bellezza
urbanistica incomparabile, è rimasto intatto. È stato parag
onato
ad una iconografia di codici miniati. Le strade, lastricate di pietra viva e
tutte convergenti per un compatto impianto architettonico verso la cattedrale,
sono strette e si snodano a serpentina tra le case bianche. Dentro la città
palpita ancora una vita fatta di echi millenari, in un dialogo incessante tra
torri e bastioni, reso più vivace nelle giornate in cui il levante o il
tramontano s'incunea per le viuzze, rincorrendosi senza posa e levigando di più
le grosse palle di granito catapultate dalle "bombarde" dei Turchi nel 1480 e
rimaste lì, sui limitari delle case, a ricordo di una storia più gloriosa di
qualsiasi arma gentilizia.
CHIESA SANTA MARIA DEI MARTIRI
È il centro che irradia la storia religiosa e civile di Otranto. La chiesa fu costruita per la pietà di alcuni fedeli agli inizi del secolo XVII e fu dedicata ai Martiri di Otranto, a ricordo della loro testimonianza di fede per cui diedero la vita, nell'agosto del 1480, proprio sul luogo dove oggi è il tempio, sulla sommità di una collina che fin dal periodo classico ebbe il nome di Colle della Minerva. Il tempio è noto anche sotto il nome di S. Francesco di Paola.
IL PORTO
Il porto ha sempre avuto, fin da età magno-greca e romana, un'importanza notevole per gli scambi con l'Oriente. La sua attività è cresciuta in questi ultimi anni, specialmente nel settore commerciale e turistico.
COSTE A NORD DI OTRANTO E LAGHI ALIMINI
Non meno incantevole è la costa a nord di Otranto, quella che conduce dalla riviera degli Haethei ai Laghi Alimini. Alle caratteristiche tettoniche (grotte, anfratti, insenature) si associano in questa zona peculiari specialità della flora. Il pino marittimo (pinus pinaster) è l'albero che trionfa qui, tra le dune e i laghi, unitamente alla tipica macchia mediterranea. I LAGHI ALIMINI sono l'elemento più caratteristico dell'agro otrantino. Sono due bacini con fisionomie diverse: il più meridionale, detto Fontanelle, sgorga da una sorgente sotterranea; la sua conca è nella roccia, e l'acqua è dolce; mentre l'altro, "ALIMINI GRANDE" è alimentato da Fontanelle attraverso un canale ed è chiuso al mare dalle dune. Su cordone delle dune, di fronte ad Alimini grande, il tamarisco s'intercala al ginepro, al lentisco, al rosmarino, alla mortella. Il pesce dei Laghi (cefali, spigole, capitoni, sogliole) è ricercato ed esportato ogni giorno sui migliori mercati italiani ed europei.
COSTA A SUD
Il
porto della città segna la divisione fra due tipi di costa nettamente distinti.
Si passa dalla bianca roccia, segnata dai cespugli sempre verdi del piccolo
golfo delle Orte, dove svetta ancora, quasi a sfida dei venti e dei secoli la
vecchia Torre del Serpe o Torre dell'Idro, presa a stemma della città, alla
costa alta e rocciosa in uno scenario pittoresco e suggestivo tra promontori e
calette sino a raggiungere dopo pochi chilometri, Santa Cesarea, ove quattro
sorgenti di acque termali sgorgano in altrettante grotte collegate con gli
stabilimenti delle terme attrezzati per le cure idroterapiche con fanghi
radioattivi, per inalazioni e nebulizzazioni. A poca distanza, ai piedi della
costa che scende a picco sul mare, le famose grotte "Zinzulusa" e "Romanelli" di
particolare interesse turistico e scientifico per la ricchezza del materiale
preistorico in esse ritrovato.
PORTO BADISCO E GROTTA DEL CERVO
La
piccola e ridente con valle di Badisco o (Vadisco), a 4 miglia a sud-est del
territorio otrantino, degradando verso il mare, forma il porticciolo omonimo,
che s'apre tra Punta Scuru e il Capo Palascìa. La leggenda vuole che sia stata
la prima sponda adriatica toccata da Enea nel suo viaggio in Italia. Alla
bellezza paesaggistica, Badisco unisce il richiamo della sua eccezionale
importanza documentaria per gli studi della preistoria. La scoperta della Grotta
dei cervi (o del Cervo), avvenuta nel 1970, è l'ultima in ordine cronologico di
tutta una serie di scoperte, che portarono alla luce, fin dal 1904, molti
reperti industriali del Neolitico e del Paleolitico Superiore. Il dato più
importante della scoperta è costituito dai dipinti sulle pareti, che
testimoniano l'impronta della civiltà umana nel trapasso del Paleolitico
Superiore al Mesolitico e Neolitico. Alcune figure di Badisco richiamano quelle
delle grotte spagnole e del Mas d'Azil.